Al giorno d’oggi è facile sentir parlare di architettura biologica o bioarchitettura ma vediamo meglio di cosa si tratta.

La bioarchitettura è quella tendenza dell’architettura a privilegiare la progettazione e la costruzione di edifici che attraverso la scelta di materiali “green” e attraverso il miglior impiego delle risorse naturali, mirano alla salvaguardia dell’ambiente.

Vengono così progettate case che permettono di mantenere in equilibrio salute dell’ambiente e benessere psicofisico dell’individuo come abitante.

A partire dagli anni ’70 molti teorici di questa disciplina hanno sviluppato alcuni principi su cui si fonda tutta la bioarchitettura e negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti, soprattutto a livello di consapevolezza. È ormai noto che gran parte dell’energia consumata a livello mondiale dipende dall’edilizia e una progettazione più accorta all’impatto ambientale è un traguardo da raggiungere a beneficio di tutti.

Eppure, bisogna dire che edifici veramente green se ne realizzano ancora pochi, basti pensare che lo scorso anno soltanto l’1% delle nuove costruzioni negli Usa sono state certificate “Leed”, lo standard più noto per l’attestazione di sostenibilità del costruito.

Il ciclo costruttivo del XX secolo, che sta alla base dell’architettura, è molto dannoso per l’ambiente a causa di diversi motivi, tra cui un alto consumo energetico e del territorio (che spesso va oltre le risorse disponibili), un diffuso utilizzo di materiale di derivazione petrolchimica e un’emissione molto alta di sostanze avverse all’ambiente.

I fabbricati “green” invece non causano tutti questi problemi in quanto vengono usate energie e tecnologie ecosostenibili assolutamente compatibili. Gli edifici così progettati sono organismi vivi, in continuo scambio con l’ambiente circostante e con le persone che li abitano. Fare in modo che le costruzioni edilizie possano garantire una qualità della vita migliore, è un dovere di tutti, che la bioarchitettura traduce in esperienze concrete.

In modo molto sintetico possiamo introdurre una guida per la buona progettazione “green”.

Per prima cosa quando si deve progettare un nuovo edificio bisogna considerare il giusto orientamento delle strutture, per favorire l’accesso di luce naturale, rendendo gli spazi più luminosi con la conseguente minore richiesta di illuminazione artificiale, riducendo così i consumi energetici.

Per quanto riguarda il benessere termoigrometrico, per mantenere gli ambienti più salubri bisogna favorire l’utilizzo di sistemi passivi, ad esempio progettando pareti e tetti ventilati che vanno ad isolare gli ambienti interni aumentando l’isolamento termico, anche grazie alla riscoperta di materiali naturali e delle tecniche tradizionali. Pertanto, è indispensabile abbattere i ponti termici dove si verificano le maggiori dispersioni, ossia le finestre, le porte, i tetti e i pavimenti. La bioedilizia si concentra proprio su questi punti deboli per fermare quanto più possibile le dispersioni di calore.

Un altro fattore importante è il recupero delle precipitazioni, riutilizzare l’acqua piovana può essere un valido contributo per favorire la salvaguardia dell’ambiente.

Infine, molto importante è la captazione solare, utilizzare questa fonte rinnovabile così preziosa è il cardine dell’edilizia sostenibile, attraverso l’uso di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria.

Da queste poche righe discerne che i vantaggi della progettazione sostenibile sono molti, ma si continua a costruire per lo più in modo tradizionale. Perché questa contraddizione? A limitare la diffusione del green building sono sicuramente alcuni aspetti ancora poco chiari.

C’è chi sostiene che la bioarchitettura sia troppo costosa (ma come abbiamo visto ci possono essere solo costi iniziali maggiori ed il risparmio è quasi immediato), chi ritiene che i protocolli siano eccessivamente complessi.

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